Dei tanti cortometraggi realizzati ultimamente da autori noti (Mati Diop, Pablo Larraín, Paolo Sorrentino e Sebastián Lelio tra le firme di quelli che ho visto) ce n’è uno che riesce dove altri stentano a penetrare l’ovattatura creativa di questo tempo statico senza precedenti.
Facendo riferimento nel titolo a un singolare caso epidemico di impellenza compulsiva a danzare per strada, Strasbourg 1518 sottintende un’analogia tra lo stravagante episodio storico e la claustrofobica condizione attuale. Con i meschini mezzi domestici di tutti in questo periodo, Jonathan Glazer e Mica Levi si incontrano di nuovo dando alla luce un lavoro che convince e prende forza progressivamente facendo dell’isterismo collettivo un ipnotico spettacolo.
Il delirio e la dipendenza della vita in gabbia secondo il raro genio di chi riesce a mantenere vivo nel torpore il fuoco dell’inquietudine artistica.
Nella notte nera di un bosco giallo, una banda mascherata fa cadere da un albero la sua preda. Gli invasati membri scattano una tetra fotografia di gruppo per celebrare il successo della caccia come fosse di una fiera—ma si tratta di un uomo. Il prigioniero, anch’egli mascherato, viene quindi gettato in un pozzo con un cappio al collo. Lo scorrere furioso della corda descrive con un lugubre sibilo l’interminabile discesa fino allo scomparire della cima nel silenzio. Ma l’uomo è vivo.
Aggrappato alle pareti rocciose nell’umida profondità si libera dalle costrizioni, non della maschera, e con ancestrale destrezza da free solo comincia la lunga, malagevole risalita.
Andato in onda sulla BBC non annunciato e senza crediti, The Fall sono sette fiabeschi minuti che crescono a ogni visione evocando sinistri presentimenti sul nostro mondo, su tutto quello che abbiamo visto o sentito negli ultimi anni, e sull’uomo che siamo diventati—la percezione del quale forse ancora ci sfugge.
Anthony Minghella disse che un cortometraggio dovrebbe essere una frase perfetta. The Fall è la risposta di Jonathan Glazer a quel commento.
Under the Skin è un onice nero. La sua anima erotica e sinistra è schiva quanto fatale è la gravità che possiede. Il sentimento non è uno struggente abbandono, ma una presenza fisica e minacciosa come tutto ciò che ha corpo, forza ed è ignoto. C’è una lista variabile di libri e di film che chiunque abbia mai interagito con me—sia esso il viandante, l’accattone, il gendarme o il più sincero associato—mi ha sentito nominare almeno una volta. Under the Skin di Jonathan Glazer è uno di quei titoli.