—ac
FranzKline_LeGros_1961.jpg

stanze

Polvere oceano

Nove ore più tardi
di nuovo a casa che già non era
ma tanto sembrava quell’umida notte.

In piazza a dicembre
ancora noi e diversi.

Due pizze in mezzo e una tovaglia gialla
a raccontarsi palme polvere oceano
tra le nostre betulle bagnate di nebbia.

Le mani aperte di lacrime e segni
sono il posto stretto in cui entro a cercarmi
in un ricordo estinto nemmeno più mio.


—ac
Re suicida

Cammini veloce per stare in piedi
non apri l’ombrello perché vuoi il cielo
la tua coperta.

Perché vinca l’acqua
che finalmente scende
ed è meno fredda della terra che lava.

La cosa più bella
le mani in tasca
e il canto ladro di un uccello stanco
in una sera d’asfalto.

Questa notte vera
immobile e dolce
che non cambia mai
non è mai la stessa.

Grida l’eco degli anni
del tempo che vince e torna
e crudelmente si nega.

Dei desideri perduti
le promesse mentite
con gli occhi aperti e la mente ebbra.

Sei il re suicida
che spegne il giorno
del bambino nato.

Un salmo nero
che scuote la spina da coccige a nuca
e avvelena lo spirito di ingenuo ardore.


—ac
I muscoli di un gigante

Ammiro i gufi
creature notturne che volano al buio
con occhi immensi e le ali ferme
che a notte fonda esistono
ancora scrivono
e bubolando fanno.

Ma sono mie le prime strane bestie
che si svegliano al freddo senza sentirlo
e quando le ore rallentato fino a tacere
non vivono oltre e con esse muoiono.

Dormire per sempre e vivere il doppio
oppure due volte allo stesso tempo.

Vorrei essere conosciuto con tanti nomi
avere i muscoli di un gigante.


—ac
Cavallo bianco

Un coro di idioti con voci diverse,
gli occhi crepati tra gli orchi nel letto
e i santi del giorno.

Da solo sta un pazzo sopra una piatta
in un mare d’aceto e liquido piombo.

Un cavallo è nell’acqua
di nervi scultorei il pallido crine.

Si leva uno zoccolo ad alzare la sabbia,
dal fondo nel cuore
inquieta e grave la torbida nube.

Scuro di notte il lento scarnare dei loro artigli,
il sogno di un sonno che non si sveglia.

Eccolo, è l’uomo—
grida il pubblico a terra tra la pena e l’orrore,
Eccolo è l’uomo, che non sarebbe mai stato.


—ac
Gli occhi chiusi

Il silenzio della pagina
è un segreto impenetrabile
che sornione si acquatta.

Nel posto segreto
dell’abbacino nero
vedo il gatto tigrato
spaventare i bambini.

E sopra i lividi elettrici
che dentro gli occhi danzano
scrivo illeggibile uno sperato bagliore
e delirante inseguo l’inafferrabile esistere.


—ac